Presentato il Rapporto di Primavera dell’ASviS “Scenari per l’Italia al 2035 e al 2050. Il falso dilemma tra competitività e sostenibilità”

In data 7 maggio 2025, in occasione dell’evento di apertura del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2025, è stato presentato il Rapporto di Primavera dell’ASviS “Scenari per l’Italia al 2035 e al 2050. Il falso dilemma tra competitività e sostenibilità”:

Il documento, giunto alla sua 2° edizione, offre un quadro sintetico del settore della sostenibilità a livello globale, europeo e nazionale e illustra l’elaborazione di quattro scenari al 2035 e 2050 per studiare l’impatto della transizione energetica sull’economia italiana, in particolare a livello industriale, effettuata in collaborazione con il Centro di ricerca Oxford Economics.

Dal Rapporto emerge come la sostenibilità sia convenienteanche sul piano economico: la scelta per la decarbonizzazione e per l’economia circolare offre al nostro Paese maggiore autonomia e costi più bassi dell’energia, elevata competitività (indispensabile anche per reagire ai dazi e alle guerre commerciali), redditività e solidità finanziaria delle imprese, maggiore sviluppo ed equità sociale, nonché miglioramento dello stato della finanza pubblica.

Le aziende italiane che hanno scelto di investire sulla transizione ecologica e digitale hanno aumentato la produttività, migliorato le condizioni finanziarie, ridotto il costo dei nuovi investimenti. Secondo il censimento ISTAT 2021-2022, il 37,9% delle aziende italiane con tre e più addetti ha svolto nel biennio almeno un’iniziativa di tutela ambientale; le imprese che hanno investito nella sostenibilità ambientale oscillano tra il 34,5% (3-9 addetti) e il 73,8% (250 e più impiegati).

I benefici si vedono soprattutto nel settore manifatturiero: secondo l’ISTAT, ad un aumento dell’indice di sostenibilità ambientale corrisponde un “premio di produttività” che varia fra il 5% e l’8%, mentre una recente indagine condotta da Cassa Depositi e Prestiti mostra come le pratiche di economia circolare abbiano generato risparmi superiori a 16 miliardi di euro nei costi di produzione delle imprese manifatturiere. Dal punto di vista economico-finanziario, le “aziende circolari” mostrano anche una maggiore capacità di coprire i costi del debito grazie a risultati finanziari migliori, che consentono di aumentare gli investimenti e ridurre il livello di indebitamento.

Secondo l’analisi condotta da The European House – Ambrosetti, per il 92% delle imprese familiari e l’89% delle non familiari integrare la sostenibilità nel business comporta benefici, a partire dalla reputazione e dalla fiducia nel brand.


Per quanto riguarda, invece, le proiezioni al 2035 e al 2050, i risultati indicano chiaramente i vantaggi derivanti dall’accelerazione della transizione, mentre il suo rallentamento aumenta i costi e riduce i benefici per le imprese e l’intero sistema socioeconomico. Qui di seguito i quattro scenari:

 1) Net Zero (decarbonizzazione al 2050): l’introduzione di misure come una carbon tax globale, indispensabile per raggiungere la carbon neutrality nel 2050, comporterebbe costi significativi nel breve periodo, con pressioni inflazionistiche e una perdita di PIL nel 2035 dell’1% rispetto allo scenario di base. Successivamente, però, gli investimenti più elevati e le temperature medie più basse stimolerebbero la produttività, cosicché, a partire dal 2045, l’effetto sul PIL diventerebbe positivo, arrivando a metà del secolo al +3,5% rispetto allo scenario di base.

 2) Net Zero Transformation (piano di politiche strutturali per la decarbonizzazione sostenute da cospicui investimenti nell’innovazione): in questo caso si otterrebbero risultati nettamente più positivi, grazie alla limitata pressione inflazionistica e alla maggiore diffusione di innovazione e rinnovabili. In questo scenario, già nel 2035 il PIL italiano risulterebbe superiore dell’1,1% rispetto allo scenario di base, e il tasso di disoccupazione sarebbe più basso di 0,7 punti percentuali. Il trend positivo continuerebbe anche dopo quella data, e nel 2050 il PIL italiano risulterebbe superiore dell’8,4%.

3) “Transizione Tardiva”: se le politiche di mitigazione venissero attuate solo a partire dal 2030, bisognerebbe introdurre una carbon tax molto più aggressiva, generando forti pressioni inflazionistiche. In questo panorama, il PIL reale sarebbe inferiore a quello tendenziale del 2,4% nel 2035, e il tasso di disoccupazione salirebbe all’8%.

4) “Catastrofe climatica” : l’ipotesi in cui l’aumento della domanda di combustibili fossili porterebbe a livelli di emissioni più alti rispetto alla previsione di base, elevata volatilità delle temperature e aumento degli eventi climatici estremi. Nel 2050 il PIL italiano crollerebbe del 23,8% e la disoccupazione raggiungerebbe il 12,3%.


Per approfondire i contenuti della presentazione del Rapporto, rimandiamo alla pagina ufficiale dell’ASVIS.



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