Immobili in costruzione: il Vicepresidente di ANCE chiede certezze sulle garanzie per la tutela di operatori e cittadini

Le misure di garanzia che il D.Lgs. 122/2005 disciplina e collega alle compravendite degli immobili in costruzione hanno da sempre costituito un’occasione per fornire alle famiglie, o in senso tecnico ai cosiddetti “promissari acquirenti”, quelle tutele che prima del 2005 non esistevano rispetto a un eventuale fallimento del venditore, evitando il rischio di perdere sia gli acconti versati che la proprietà dell’immobile.

Il sistema di garanzie si compone di due momenti diversi: una fideiussione a garanzia di tutti gli acconti corrisposti sino al trasferimento definitivo della proprietà dell’immobile e una polizza assicurativa sui vizi e gravi difetti che possono verificarsi nei dieci anni successivi all’ultimazione dell’opera. Una formula apparentemente semplice, in parte mutuata da esperienze estere, ma che in realtà ha sempre creato delle criticità nel passaggio dalla teoria alla pratica.

Nel caso della fideiussione, infatti, è necessario, alla firma del contratto preliminare di compravendita, garantire sia le somme incassate in quel momento che quelle che verranno versate dal promissario acquirente in corso di avanzamento del cantiere. Si crea in questo modo un’anomalia per cui il costruttore si fa garante anche di eventi futuri a prescindere dal loro effettivo avverarsi con un aggravamento della propria posizione finanziaria. Altra questione controversa è la polizza assicurativa per vizi e gravi difetti, previsione che avrebbe potuto essere più lineare e delimitata, ma che invece nasconde una serie di incognite legate a quali danni garantire e per quale importo visto che, tra interpretazione della giurisprudenza e prassi assicurativa, “la polizza perfetta” sembra un miraggio. Va specificato che tale polizza è nata per garantire rischi quali il crollo totale o parziale (eventi per fortuna assai rari), i difetti strutturali e comunque quei danni la cui gravità è tale da inficiare la normale abitabilità.

Se questo è stato fino ad oggi lo “standard” delle coperture assicurative, l’atteso modello ministeriale che dovrebbe offrire le tanto attese certezze agli operatori sembra in realtà stia andando nella direzione di rendere obbligatoria la copertura assicurativa anche per quei danni che di fatto sono fuori dalla portata normativa. Così si andrebbe a introdurre sul mercato un prodotto che vorrebbe coprire per assurdo ogni possibile danno con costi insostenibili che non possiamo permetterci di riaddossare agli acquirenti. Una soluzione equilibrata potrebbe essere invece quella di prevedere come contenuti minimi obbligatori i danni alle strutture e ad altri elementi costruttivi conseguenti al loro dissesto oltre all’impermeabilizzazione delle coperture. Va ricordato inoltre che all’obbligo per i costruttori di rilasciare fideiussioni e polizze assicurative non corrisponde lo stesso obbligo per banche ed assicurazioni, rendendo spesso complesso il percorso soprattutto per gli operatori piccoli e medi. Nessuno vuole sottrarsi alle proprie responsabilità, si chiede solo di operare con regole sostenibili.

Del resto una legge che non consente un equilibrio degli interessi coinvolti porta con sé la negazione della sua stessa funzione. Ciononostante nel 2019 il legislatore, spinto dalla necessità di imprimere un maggiore carattere vincolante ed evitare fenomeni di elusione, ha perso l’opportunità di una riforma più costruttiva e ha introdotto norme di immediata applicazione e altre che necessitano di decreti ministeriali attuativi. Peccato che alcune di esse, pur in assenza dei citati provvedimenti attuativi, sembra siano già operative nell’interpretazione di alcuni notai e compagnie assicurative generando uno scorretto “effetto sorpresa” sui costruttori che rischiano di vedersi bloccato il rogito se non adeguando la copertura assicurativa rispetto ad un modello che, di fatto, non c’è.

Ma il problema non è solo questo. Alla stipula del preliminare che ora obbligatoriamente deve essere fatta dal notaio a garanzia che il contratto rispetti le prescrizioni di legge, tra cui la consegna della fideiussione, segue la necessità che quell’atto sia trascritto nei registri immobiliari rendendo assai complicato l’ottenimento del mutuo per la costruzione. Ciò perché il finanziamento, secondo una prassi ormai consolidata, è spesso condizionato nella sua erogazione alla stipula di un certo numero di contratti preliminari di vendita. La preventiva trascrizione del preliminare, nel prevalere sulla garanzia ipotecaria, riduce però le garanzie bancarie, rischiando in pratica di bloccare il mercato.

Torniamo quindi alla domanda essenziale: come si fa a rispettare delle norme se esse sono incomplete? Ancora una volta chiediamo più chiarezza, e soprattutto coerenza, sperando che vi sia ancora tempo e volontà per raggiungere un consenso ragionato e partecipato. L’applicazione di una legge presuppone delle certezze, a partire da un impianto normativo definito e non latitante come sta avvenendo. Gli interessi economici e sociali da salvaguardare sono tanti e complessi e riguardano principalmente operatori e cittadini. La loro tutela è una competenza dello Stato e non di coloro che a vario titolo ritengono di poter interpretare la legge e applicarla secondo le loro indicazioni.

 

Fonte: Il Sole 24 Ore, articolo a firma del Vicepresidente ANCE Nazionale Filippo Delle Piane