Pubblicato il Bollettino Economico n. 4-2025 di Banca d’Italia

Il Bollettino economico trimestrale di Banca d’Italia fornisce informazioni sull’andamento dell’economia italiana, inquadrandolo nel più generale contesto economico internazionale e dell’area dell’euro, nei suoi aspetti più rilevanti: economia reale, conti pubblici, attività delle banche, mercati finanziari.

Dal Bollettino Economico n. 4 – 2025, emerge che:

  • L’economia globale continua a risentire delle tensioni commerciali internazionali: gli accordi siglati dagli Stati Uniti con l’Unione europea e altri partner hanno avviato la definizione di un nuovo assetto delle relazioni commerciali. Il quadro è tuttavia in evoluzione e l’incertezza sulle politiche commerciali pesa ancora sulle prospettive dell’economia globale nel medio termine. Nel secondo trimestre i più alti dazi hanno già contribuito a ridurre il commercio internazionale, come atteso dai principali osservatori. Gli effetti sull’economia statunitense sono stati finora limitati: il PIL è tornato a espandersi, seppure in un contesto di indebolimento del mercato del lavoro. L’economia cinese continua a essere frenata dalla debolezza della domanda interna. Secondo le previsioni del Fondo monetario internazionale, nella media del biennio 2025-26 la crescita globale sarà leggermente inferiore a quella dello scorso anno.

 

  • La crescita del PIL dell’area è modesta: nei mesi primaverili il PIL dell’area dell’euro ha nettamente decelerato; è venuta meno la straordinaria spinta della domanda statunitense che lo aveva sostenuto nel primo trimestre, connessa con l’anticipazione degli acquisti in vista dell’entrata in vigore dei dazi. Sulla base delle nostre stime, la crescita del prodotto è stata modesta anche nei mesi estivi. Secondo le più recenti proiezioni degli esperti della Banca Centrale Europea, il PIL dell’area aumenterà di poco più dell’1% all’anno nella media del triennio 2025-27. L’inflazione al consumo si colloca attorno al 2% dallo scorso maggio; è prevista in lieve discesa nel 2026, per poi tornare su valori non distanti dall’obiettivo nel 2027.

 

  • La BCE ha mantenuto invariati i tassi ufficiali: nelle riunioni di luglio e di settembre, il Consiglio direttivo della BCE ha lasciato invariati i tassi ufficiali. Tra maggio e agosto, il costo del credito alle imprese è ulteriormente diminuito per effetto della trasmissione del precedente allentamento della politica monetaria. Nonostante tale flessione, la dinamica dei prestiti è rimasta moderata, risentendo della debolezza della domanda e delle tensioni commerciali; queste ultime in particolare hanno indotto una ricomposizione dei finanziamenti dalle scadenze a lungo termine verso quelle a breve.

 

  • L’economia italiana è tornata a crescere nei mesi estivi: il PIL dell’Italia è sceso lievemente nel secondo trimestre, riflettendo il forte calo delle esportazioni, come in altri paesi dell’area. Sulla base delle nostre valutazioni, nel terzo trimestre l’economia italiana è tornata a espandersi, seppure in misura modesta. Al nuovo rialzo degli investimenti – grazie alle più favorevoli condizioni di finanziamento, agli incentivi fiscali e alle misure connesse con il PNRR – si è associato il leggero aumento dei consumi, sospinti dal miglioramento della fiducia delle famiglie e dalla tenuta dei redditi da lavoro. L’attività è cresciuta nei servizi e nelle costruzioni, mentre è restata debole nella manifattura.

 

  • L’occupazione si è stabilizzata: nel secondo trimestre il numero di occupati è rimasto pressoché invariato, a fronte di un leggero incremento delle ore lavorate pro capite. Il tasso di partecipazione è nuovamente salito fra i lavoratori più anziani, ma è diminuito tra i più giovani; quello di disoccupazione si conferma su valori bassi in tutte le classi anagrafiche. Si è attenuata la crescita delle retribuzioni contrattuali, che resta tuttavia al di sopra dell’inflazione. Nei mesi estivi l’occupazione si è mantenuta stabile e le retribuzioni hanno ancora rallentato.

 

  • L’inflazione resta contenuta e la dinamica dei prestiti alle imprese è tornata positiva: nel terzo trimestre l’inflazione si è confermata poco al di sotto del 2 per cento. Anche la componente di fondo si è collocata su valori simili: all’aumento molto debole dei prezzi dei beni non energetici si è contrapposto quello più robusto dei servizi. I prezzi dei beni alimentari hanno accelerato, a causa di fattori temporanei i cui effetti dovrebbero venire meno nei prossimi mesi. Rimane moderata la crescita dei prezzi alla produzione. È proseguita la trasmissione delle riduzioni dei tassi ufficiali al costo della raccolta bancaria e a quello dei finanziamenti alle imprese. Il credito alle società non finanziarie ha ripreso a crescere: l’andamento dei prestiti è tornato positivo nei servizi e si è attenuata la flessione nell’industria. Le indagini presso le banche segnalano che la domanda di finanziamenti delle imprese si è rafforzata, in un contesto caratterizzato dall’assenza di tensioni dal lato dell’offerta. Il credito alle famiglie ha accelerato.

 

  • L’indebitamento netto scenderebbe al 3% del PIL e il prodotto italiano beneficerà dell’espansione della domanda interna: secondo le proiezioni, in Italia il PIL salirà dello 0,6% nel 2025 e nel 2026 e dello 0,7 nel 2027. Lo scenario tiene conto degli accordi commerciali tra Stati Uniti e Unione europea e di una minore incertezza sulle politiche commerciali. Il prodotto sarà sostenuto dalla crescita degli investimenti, mentre nell’anno in corso le scelte di consumo resteranno improntate alla cautela, per poi riflettere maggiormente l’espansione del reddito disponibile. La domanda estera risentirà dei maggiori dazi e dell’apprezzamento dell’euro. L’inflazione al consumo si collocherà all’1,7% nel 2025, scenderà all’1,5 nel 2026 e risalirà all’1,9 nel 2027. In base al Documento Programmatico di Finanza Pubblica 2025 approvato dal Governo il 2 ottobre, l’indebitamento netto si ridurrebbe al 3% del PIL nel 2025; scenderebbe poi gradualmente fino al 2,3 nel 2028. Il debito pubblico continuerebbe ad aumentare portandosi al 137,4% del prodotto nel 2026, per poi ridursi di circa un punto percentuale nel successivo biennio

 

 



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