DDL Autonomia differenziata, Audizione ANCE sull’identificazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni

Si è svolta, il 4 aprile 2024, l’Audizione dell’ANCE con il Direttore Generale dell’ANCE, Massimiliano Musmeci, presso la Commissione Affari costituzionali della Camera, sul DDL recante “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario” ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, del DDL 1665/C.

Sono state apportate numerose modifiche volte a proteggere in più fasi i principi di unità, solidarietà ed equità e ad allungare, quando possibile, i tempi dell’iter procedurale di approvazione delle Intese e un maggiore coinvolgimento dei diversi Enti, al fine di garantire un percorso dell’Autonomia regionale più trasparente e coerente con i principi costituzionali e gli equilibri di finanza pubblica.

Il Governo, i Ministeri, la Regione richiedente, la Conferenza Stato-Regioni e il Parlamento avranno un ruolo specifico nel raggiungimento delle Intese (di durata decennale) tra Stato e Regioni, le quali dovranno essere approvate, ciascuna, a maggioranza assoluta dalle Camere.

Il provvedimento, come modificato, prevede la preventiva individuazione dei LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni) per quasi tutte le materie delegabili:

  • Istruzione
  • Tutela dell’ambiente e beni cultural, nonché la loro valorizzazione
  • Tutela e sicurezza del lavoro
  • Ricerca scientifica e tecnologica
  • Salute, alimentazione e ordinamento sportivo
  • Governo del territorio
  • Porti e aeroporti civili
  • Grandi reti di trasporto e di navigazione
  • Ordinamento della comunicazione, produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia.

 

Pertanto, l’introduzione della disposizione che subordina le richieste di maggiore autonomia alla previa identificazione nei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) su determinate materie rappresenta una misura equilibrata di regolamentazione.

ANCE espone una certa perplessità in merito ad un divario territoriale, risultato di una combinazione di fattori storici ed economici, dunque, in via ipotetica la situazione che si potrebbe creare vedrebbe convivere tre “modelli” di Regione: Ordinarie, Speciali e Differenziate, a cui si aggiunge in parallelo l’attuale “disordine” dei poteri delle Province, Città metropolitane e Comuni.

Di fronte a questa realtà può essere condivisibile un modello organizzativo che assegni nuovi compiti e responsabilità differenziate, tenendo conto delle specifiche potenzialità regionali, ma resta fondamentale garantire che, specialmente in alcuni settori, questa diversificazione non comprometta l’unità necessaria, soprattutto per il sistema produttivo imprenditoriale.

Prima ancora, sarebbe importante rilevare cosa debba intendersi per “determinazione dei principi fondamentali riservata alla legislazione dello Stato”, dato il gran numero di impugnative da parte dello Stato di Leggi regionali.

A tal fine è stata approvata una modifica normativa che consente al Presidente del Consiglio dei Ministri di limitare l’oggetto del negoziato solo ad alcune materie od ambiti di materia. Tuttavia, per evitare una eccessiva indeterminatezza, sarebbe opportuno introdurre parametri di riferimento in base ai quali verificare che l’esercizio del potere discrezionale segua canoni omogenei.

La frammentazione delle competenze se in alcuni ambiti può essere opportuna e necessaria potrebbe, per altri versi portare a inefficienze economiche significative, a difficoltà per le imprese che operano in più regioni, a causa di regole diverse.

Ad oggi non è possibile sapere quante Regioni formuleranno richiesta per negoziare l’intesa, né per quante materie, cosa che potrebbe definire un quadro incerto delle competenze (legislative e amministrative), con potenziali effetti critici per il sistema imprenditoriale.

 

Tra gli ambiti di materia nei quali devono essere individuati i LEP, ve ne sono alcuni di fondamentale interesse quali il governo del territorio che ricomprende l’urbanistica e l’edilizia.

  1. URBANISTICA: nella perdurante assenza di una riforma statale della materia, è indispensabile che l’individuazione dei LEP tenga conto delle “best practices” regionali.

Si evidenzia che nel Rapporto finale della Commissione tecnica per l’individuazione dei LEP costituita in base alla Legge 197/2022, fra i LEP dell’urbanistica sono stati inclusi gli standard del DM 1444/1968, un provvedimento che oggi appare del tutto anacronistico e inadeguato rispetto alle indicazioni internazionali (Agenda 2030 ONU obiettivo 11) ed europee (consumo di suolo netto pari a zero nel 2050) circa lo sviluppo urbano.

L’impostazione “rigida” (zonizzazioni, rapporto metri quadri/abitante, limiti alle densità, altezze e distanze fra edifici, ecc.) su cui si basa il DM 1444/1968 rende difficile se non impossibile l’esecuzione di interventi di rigenerazione che, essendo inseriti in contesti urbani “consolidati” ossia totalmente edificati, non possono rispettare tali limiti (es. reperimento nuove aree per standard o rispetto distanze ampie), specialmente quando sono previsti aumenti di volumetria, magari autorizzati da leggi regionali specifiche. In attesa di una sua completa rivisitazione, che si auspica debba avvenire a breve, si dovrebbe valutare con maggiore attenzione l’adeguatezza del richiamo a disposizioni non più attuali.

  1. TUTELA E SICUREZZA DEL LAVOROE PREVIDENZA COMPLEMENTARE E INTEGRATIVA: la genericità delle disposizioni contenute nello schema di DDL in esame non permette di ipotizzare quelle che potrebbero essere le concrete modalità di attuazione della c.d. autonomia differenziata nei due ambiti sopra indicati. In ogni caso, sarebbe necessario garantire a Imprese e Lavoratori una disciplina legislativa e regolamentare, nonché procedure e prassi amministrative, uniformi su tutto il territorio nazionale, per evitare i costi gestionali (e i rischi di inconsapevole inadempimento) derivanti dalla frammentazione territoriale di norme e procedure. Le suddette considerazioni valgono, a maggior ragione, per il settore dell’edilizia, caratterizzato da un’elevata mobilità territoriale delle imprese e dei lavoratori, non essendo il cantiere, per definizione, una sede produttiva a carattere permanente.
  2. TUTELA DELL’AMBIENTE, DELL’ECOSISTEMA E DEI BENI CULTURALI: si ritiene assolutamente necessario che, nella definizione dei LEP per la tutela ambientalesi tenga conto di quanto deliberato in materia a livello europeo così da assicurare alle imprese una disciplina legislativa e regolamentare chiara e uniforme.

 

Per il dettaglio delle osservazioni e proposte ANCE sulle singole norme del provvedimento si veda il documento consegnato agli atti della Commissione, in allegato.

 

FONTE: ANCE