Codice dell’ambiente, ANCE: serve una riforma organica.

Si è svolta il 30 novembre l’audizione informale dell’ANCE sullo Schema di DLgs recante disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo n. 116/2020 rifiuti e imballaggi (Atto n.1), in video conferenza, presso la Commissione Ambiente del Senato (il 1° dicembre si svolgerà l’audizione alla Camera).

Il Consigliere delegato ANCE per la transizione ecologica, Dott. Marco Dettori, ha evidenziato, in apertura, che lo schema introduce importanti disposizioni in materia di rifiuti, attraverso un puntuale intervento di riforma della Parte IV del Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006).

L’obiettivo, condiviso dall’ANCE, è quello di apportare le modifiche e le integrazioni che si sono rese necessarie a seguito dell’adozione del cd. pacchetto per l’economia circolare nel 2020 e in particolare del decreto legislativo n. 116, con il quale sono state recepite le direttive europee n. 851 e n. 852 del 2018.

Si condivide, inoltre, la volontà, attraverso questo decreto, di migliorare alcuni aspetti della disciplina sui rifiuti che in questi anni hanno creato numerose criticità interpretative tra gli operatori, quali ad esempio l’espressa abrogazione delle norme superflue.

E’, però, altrettanto fondamentale avviare una riflessione sulla necessità di attuare una riforma più generale e organica del Codice dell’ambiente, che rappresenta il riferimento normativo di tutta la materia ambientale.

È innegabile, infatti, che in questi anni il Codice sia stato oggetto di una vera e propria ipertrofia normativa. Molte sono state le modifiche e le integrazioni al testo che si sono susseguite dal 2006 ad oggi, a cui devono aggiungersi anche le molteplici e differenti interpretazioni da parte delle diverse autorità competenti e degli organi di controllo.

È evidente che un simile modo di procedere, attraverso continue modifiche puntuali, quasi chirurgiche, ha determinato una situazione di grave instabilità e incertezza tra gli operatori e in molti casi anche sfiducia verso le istituzioni, rappresentando di fatto un vero e proprio disincentivo a fare impresa e un freno al processo di transizione ecologica.

Fino ad ora è mancata una riforma di più ampio respiro che attraverso una visione olistica e d’insieme della materia ambientale sia in grado di superare la logica dell’intervento “a compartimenti stagni”.  

Il Consigliere ha, quindi, evidenziato le numerose questioni che, ormai da tempo, chiedono soluzioni normative concrete ed adeguate.

Devono, innanzitutto, essere rimosse tutte quelle barriere non tecnologiche che, di fatto, hanno rappresentato sinora un freno al recupero e che derivano da un approccio restrittivo del legislatore e degli enti preposti al controllo e al rilascio delle autorizzazioni.

Attenzione particolare deve essere poi riservata al tema dell’end of waste e dei sottoprodotti, strumenti fondamentali per la transizione all’economia circolare, ma che ad oggi hanno trovato ancora scarsa attuazione a livello normativo.

Le difficoltà che stanno emergendo, in merito al decreto per i rifiuti da costruzione e demolizione, dimostrano come a volte una normativa eccessivamente stringente e “cautelativa” abbia quale unico risultato quello di disincentivare attività virtuose – come il recupero dei rifiuti – favorendo comportamenti – quali il conferimento in discarica – che, seppur nel rispetto della legge, rappresentano comunque un danno per l’ambiente.  In particolare, sono emerse numerose incertezze applicative anche con riferimento al Decreto del Presidente della Repubblica 120/2017, che reca la disciplina per la gestione delle terre e rocce da scavo, mancando, ad oggi, la procedura semplificata per la gestione dei cd. piccolissimi cantieri, nonostante fosse espressamente prevista dall’articolo 8, comma 1, lett. d-bis) del DL 133/2014, recante la delega per la razionalizzazione della normativa sui materiali da scavo in attuazione della quale è stato adottato il citato decreto 120/2017.

E’, inoltre, essenziale chiarire definitivamente che l’attività di demolizione e costruzione, svolta all’interno del cantiere, è un vero e proprio processo produttivo, ai sensi dell’art. 184 bis del D.Lgs. 152/2006.

Altro aspetto chiave sul quale da tempo si chiede di intervenire in maniera organica e strategica è quello delle bonifiche dei siti contaminati, operazioni fondamentali per poter restituire alla collettività intere porzioni di territorio e valorizzare nuove potenzialità di sviluppo economico e sociale.

Sotto tale profilo è essenziale innanzitutto riconoscere la pubblica utilità di queste opere, oltre ad una revisione profonda del procedimento, ancora troppo lungo e complesso, e all’introduzione di misure volte ad incentivare e favorire la realizzazione degli interventi stessi.

Si è, infine, soffermato sul sistema di tracciabilità dei rifiuti RENTRI, riguardo al quale lo schema di decreto interviene per lo più al fine di coordinare le varie disposizioni contenute anche in altri provvedimenti normativi.

Al riguardo, pur condividendo pienamente gli obiettivi di tracciabilità dei flussi dei rifiuti e di digitalizzazione degli adempimenti ambientali, che sono alla base di questo sistema, appare importante richiamare l’attenzione sulle peculiarità del settore delle costruzioni e sulla difficoltà di adottare determinate tecnologie e procedure nell’ambito di cantieri, la cui durata è spesso molto breve. Di tutto questo si dovrà assolutamente tenere conto nell’attuazione del sistema di tracciabilità al fine di scongiurare il ripetersi dell’esperienza del SISTRI.

In allegato il documento consegnato agli atti della Commissione con il dettaglio delle valutazioni e proposte ANCE.

 

FONTE: ANCE